Lo stadio che ospitò il mondiale del 1930 era dedicato alla costituzione urguayana «…quella Costituzione che un secolo prima aveva negato i diritti civili alle donne, agli analfabeti e ai poveri» ci riferisce Eduardo Galeano, scrittore e giornalista di Montevideo.
Il Centenario poteva ospitare centomila persone, quando la capitale Montevideo arrivava a circa seicentomila abitanti.
Fu inevitabile che quel Campionato venisse organizzato dall’Uruguay vincitrice della medaglia d’oro per il calcio nelle ultime due Olimpiadi. Inoltre, la federazione calcistica pagò le spese per tutte le rappresentative nazionali che aderirono alla manifestazione.
Il primo gol venne segnato da Lucien Laurent in Francia-Messico, ma i giocatori che saranno ricordati maggiormente saranno José Nasazzi, capitano dell’Uruguay; Stabile, cannoniere dell’Argentina che giocò anche con il Genoa ed il mitico Leandro Andrade, la perla negra. Rifacciamoci ancora a Galeano «L’Europa non aveva mai visto un nero giocare a calcio. Nell’Olimpiade del 1924, l’uruguagio Josè Leandro Andrade abbagliò per le sue giocate di classe. Fu nero, sudamericano e povero, il primo idolo internazionale del calcio».
Stabiliamo subito che la finale fu Uruguay-Argentina e che finì 4-2 per la Celeste.
Il primo trofeo ufficiale della storia del football fu assegnato proprio in Argentina e lo vinse proprio l’Uruguay. Era la prima Coppa America che all’epoca (nel 1913) si chiamava Campeonato Sudamericano de Football. Tra argentini ed urguayani non è mai corso buon sangue, neanche Gardel, il grande musicista di tango era mai riuscito a mettere d’accordo le due popolazioni, nonostante ci avesse provato in più di un’occasione, essendo lui argentino di fatto, ma amatissimo anche nel paese di Andrade.
Anche le Olimpiadi del 1928 alimentano la tensione tra le due nazioni rioplantensi, l’albiceleste perde 2-1 la finale, sempre con l’Uruguay.
La finale del Primo Campionato del Mondo di Calcio del 1930 nell’ Estadio Centenario de Montevideo è un battaglia. Tra gli argentini c’è Luisito Monti (anche lui giocherà in Italia e nella nazionale in quanto oriundo) le ha promesse più o meno a tutti i giocatori avversari. Il clima è così teso che l’arbitro belga Langenus pretende un’assicurazione sulla vita ed un mezzo di locomozione che dallo stadio lo porti di corsa al porto per salpare per l’ Europa, appena finita la partita. Ora, la finale finisce 4-2 e pace per gli argentini che conquisteranno il titolo solo nel 1978, disputando quello che verrà definito il mondiale della vergogna, organizzato dalla dittatura militare per legittimarsi agli occhi del mondo. Come è sempre successo e continua a succedere, lo sport può diventare un potentissimo mezzo di propaganda. Un vero mondiale l’Argentina lo vince nel 1986 con Diego Maradona ed i suoi due gol in semifinale all’Inghilterra:uno segnato con la mano de dio e l’altro con un misto di corsa e sublimi dribbling.
Ritornando alla finale del Centenario c’è da segnalare che il quarto gol Celeste lo segnò Hector Castro, attaccante che lasciò la sua firma soprattutto sulle vittorie del Nacional(231 presenze per 145 gol). Castro aveva una particolarità: era monco. Aveva perso la mano in un incidente sul lavoro, in fabbrica. Segnò il gol con cui l’Uruguay batté il Perù e passò il turno a quegli stessi mondiali e spezzò le speranze dell’Argentina di rimontare la finale. El divino manco (come veniva soprannominato Castro) ha sempre segnato un sacco di gol, diventò anche allenatore prima del suo Nacional e poi anche della nazionale. Hector ha vinto un Campionato del Mondo, due Coppa America, un oro olimpico da giocatore e poi da allenatore di accontentato di far vincite al Nacional, 5 campionati urguayani di cui 4 di fila.